Per decenni ho divorato testi e formatori alla ricerca della ricetta segreta e mi ritrovo alla fin fine come il giovane Santiago che viene derubato per l'ennesima volta verso il suo sogno.
E mi ritrovo a camminare verso questo nuovo sentiero dell escursionismo con compagni che portano il loro Io come lo faccio io. Ad affrontare problemi e cercare soluzioni usando i propri mezzi e le proprie strategie:
chi usa la prestanza fisica per scalare montagne dalla parte in cui non vogliono essere penetrate, altri che usano spaghi per misurare cartine ed io che mi ritrovo a mediare la mia stanchezza con l indifferenza della grande montagna che abbraccia il sole per portarlo dentro di se al riparo dagli sguardi avidi di uomini piccoli ed insignificanti come le formiche per noi.
E cosi' abbiamo in mano un testo di un maestro che ha gia' fatto la strada, di una mappa del territorio che ci da i riferimenti necessari per muoverci.
E nonostante questo l'accesso alla forra degli scaloni, ovvero quello che cerchiamo ormai da due giorni e oltre venti ore di cammino in salita e discesa percorrendo decine di chilometri in linea orizzontale e diversi anche in ascesa ed ascesa inversa resta nascosta al nostro io: e' ancora non conosciuto.
E mi chiedo di quanti insegnamenti ci sia un reale progresso dell allievo.
Certo farsi indicare la strada da qualcuno che l ha gia' fatta e' un gran risparmio di tempo, rispetto ad una ricerca senza parametri e riferimenti.
Ma questo risparmio di tempo non ci regala nemmeno un millimetro di fatica in meno, anzi spesso i numerosi bias cognitivi si impongono silenti e pericolosi, riconosciuti solo postumi, a volte, meditando sugli accadimenti.
E la differenza tra mappa e percorso si fa sudore vero, come nella vita, dove ogni maestro non puo' darci nessun sollievo alla nostra fatica, ma solo indicarci la direzione da prendere, sperando di non aver capito male, e di non fare troppi errori e che il maestro dia una direzione sincera e non intrisa da falsi segnali per alimentare rigurgiti di potere.
Eppure la mattina si parte pieni di energia, e si va avanti per tentativi, sbagliando, bestemmiando, incontrando tutti gli animali della nostra mente come la stanchezza, la paura, la vigliccheria, la presunzione, la richiesta di riconoscimento, la lotta di supremazia e del potere, cosi' come qualsiasi animale senza coscienza (forse).
Ma il giorno passa veloce e di pomeriggio inizia l'affanno decuplicato dalle ombre piu' lunghe e dalla demoralizzazione della mancanza di riuscita.
Leggevo tempo fa che la prima causa di morte dopo smarrimento nei boschi e' dovuta alla depressione immediata e forte di aver perso i riferimenti, che fa desistere dal continuare a cercare con la dovuta attenzione e costanza la via di casa.
E quindi si interrompe a malincuore la ricerca e si torna verso il punto di fuga della propria automobile e, ci si rende conto di aver fatto tanta strada, perche' si va molto piu' veloci ma si sente ogni passo come un macigno sui muscoli.
E la giornata finisce cosi' con gli occhi pieni della vita che scorre, della natura imperiosa, dei pochi esploratori, sempre gentili, della grandezza della materia poco incontaminata, selvaggia e fortissima.
E ogni mappa, ogni informazione, ogni riflessione, ogni sentimento si stempera nella stanchezza calda ed accogliente di averci provato, di essere andati oltre le indicazioni, di aver percorso sentieri veri e non tracce digitali, di aver fatto qualcosa di profondamente inutile ma di senso ...compiuto.

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