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lunedì 10 marzo 2014

Si puo' fare la scarpetta?

Mio nonno mi diceva sempre di non farla quando qualche ospita veniva a trovarci.
Eppure era il boccone piu' prelibato di qualsiasi pranzo luculliano e vario.
E' un senso di piena soddisfazione, e' un punto di arrivo di qualsiasi sensazione piu' naturale eppure pulire il piatto e' spesso considerato come un senso di appetito antico, mai sopito, e' sintomo di non aver mangiato abbastanza e chissa' quando ricapitera'...
E fare le scarpe? E' come fare la scarpetta? Un desiderio di andare oltre la propria portata? Il proprio piatto e quindi di prendere qualcosa che, in genere, e' nel piatto di un altro?
Un tempo per andare al lavoro bisognava andarci a piedi e avere le scarpe permetteva di arrivarci prima e meglio e quindi le scarpe erano il nostro passaporto per la sopravvivenza.
E quindi ancora adesso quando possiamo cerchiamo di fare le scarpe.
Ovviamente possiamo farle solo a chi e' vicino a noi, tanto vicino da potergliele rubare mentre dorme...
Dobbiamo usare la nostra scaltrezza, la nostra sagacia e ogni artefizio per poter prendere le scarpe di un altro e farle nostre e nonostante questo il gesto e' vissuto sempre come un tradimento da chi lo subisce e con un piccolo senso di colpa per chi lo effettua.
E' come un Esau' vendiamo il nostro diritto al regno per un piatto di lenticchie.
Per un piatto di lenticchie facciamo le scarpe a chi ci e' vicino.
Giusto o sbagliato poco importa e certo non posso essere io a dirlo ma di certo considero la competizione come una evoluzione della schiavitu'.
La competizione nasce su una base di scarsita', e' quando si compete per la vita si sa che il piu' forte sopravvive ma questa ansia esistenziale di sopravvivenza quanto ci ha fatto rinunciare a riconoscere che spesso non serve rubare le scarpe, che anzi cooperando i risultati possono essere molto maggiori di qualsiasi competizione individulista.
Si puo' essere i migliori e forse si puo' dedicare ogni respiro ad essere il migliore, il piu' forte, ma spesso per farlo si cerca di essere unici e si rimane soli e tristi.
Oppure iniziare a godere dei propri successi, iniziare a godere degli insuccessi altrui.
E passare da una scarpetta colle dita unte ad un nuovo piatto da ingozzare.

Possiamo scegliere in ogni momento di fare la scarpetta e goderci la nostra razione o di fare le scarpe per nuovi piatti prelibati da mangiare ancora.
Fermiamoci un secondo a riflettere e poi facciamo la nostra scelta ma ricordandoci che e' solo e semplicemente una scelta e non un obbligo, non una necessita'.
Scarpe o scarpetta?

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