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giovedì 29 maggio 2014

E' mio!

E' mio, sei mio, lo voglio io, mi appartiene, me lo merito, o mio o di nessun altro.
All inferno coloro che sono molto tirchi, gli avari, vengono gravati di un grande peso di cui non possono disfarsi.
Eppure sappiamo con certezza che il nostro tempo ha una fine eppure si tenta senza fine di accumulare soldi, oggetti, ricordi, scontrini, carta, fotografie, senza fine, fino a far scoppiare le nostre case e senza lasciare mai posto ad una nuova idea.
Un accumulo che appesantisce, e ci portiamo per una eternita' che dura un battito di ciglia, una sola velocissima vita.
Molti portano avanti le idea che il progresso sia legato al capitalismo e al diritto del possesso.
Ma le prove della storia sono esattamente opposte: tutte le grandi evoluzioni dell uomo sono avvenute in concomitanza con scoperte condivise con tutti, senza brevetti, senza possesso, senza proprieta'.
Non voglio parlare di comunismo e capitalismo ma vorrei mettere in evidenza che l' umanita' ha avuto i piu' grandi benefici da cio' che e' stato condiviso completamente ed in modo non prevaricatore o utilitaristico.
Il fuoco, il vapore, internet.
Anche il petrolio e' stata una rivoluzione ma come e' ben evidente essendo rimasto nelle mani di poche ha permesso una facilitazione di accesso all energia ma non ha veramente liberato l'umanita' dalla schiavitu'.
Anzi ad oggi la maggior parte della popolazione mondiale vive una vita indegna da poter indicare come un'epoca di civilta' e di progresso la nostra era.
E' un epoca di sfruttamento e di vincoli pesantissimi che in confrontro i vincoli medioevali fra signore e vassallo sono quasi convenienti.
Colui che ha inventato internet ha scelto di non brevettarlo e cosi' facendo ha reso un servizio unico all umanita'.Il fuoco per fortuna non cera bisogno di brevettarlo ma solo di tenerlo sempre acceso fino a capire come si potesse ricreare in modo magico ed unico, come la divisione divina della luce dalle tenebre.
Ogni volta che diciamo e' mio e' un modo di relazionarci con il mondo, un modo di indicare chi siamo, come siamo fatti e lo facciamo indicando qualcosa al di fuori di noi, qualcosa che in fondo ci appartiene certamente ma non in modo esclusivo.
Appartenere, avere e' lontano dall essere e purtroppo per poter essere non possiamo esercitare quello che abbiamo.
Possiamo usare quello che abbiamo, goderne, trarne beneficio, regalarlo o distruggerlo ma stiamo operando su cose che appartengono a tutti.
La nostra casa e' nostra certo ma si trova sul territorio di una nazione e siamo soggetti alla sua legge e se un domani bisogna far passare una autostrada al posto di casa tua, casa tua non c'e' piu'.
Tutti i soldi del mondo non ti potranno dare un attimo di felicita' in piu' di quella che ti permetti di vivere.
Certo le sensazioni di benessere sono indiscutibili ed avere bei oggetti intorno, vivere nel lusso e nella comodita' e' certamente preferibile che vivere nel disagio e nella penuria.
Ma non ci appartengono. Cosi' come noi non apparteniamo a nessuno ed a niente.
Abbiamo dei vincoli, dei contratti, degli accordi, delle promesse, delle speranze ma noi esistiamo anche senza di questi, siamo vivi sia rispettando la nostra parola che tradendo ogni attesa, ogni morale imposta.
Il possesso e' un isolamento, una morte per soffocamento di quello di cui ci appropriamo.
Piu' stringiamo quello che vogliamo piu' soffoca lui e noi.

domenica 18 maggio 2014

L'eleganza del dolore

Nel cinema neorealistico italiano veniva inquadrata una nazione distrutta da una guerra cretina, persone uccise impoverite e impaurite iniziavano di nuovo a combattere una guerra di sopravvivenza quotidiana che era molto piu' sensata di quella cazzo di guerra mondiale decisa da quattro stronzi.
Era una ricerca di fuga dal dolore, una sacrosanta ricerca di fuga dal dolore.
Ma la sofferenza di piu' generazioni rimaneva indelebile nel marchio di fabbrica di molti italiani e quindi a quelli che si facevano tentare da miraboliche vite da consumatori felici che all epoca rappresentavano una reale liberta' (vedi auto, lavatrice etc..) dai limiti quotidiani c'era una parte invece cattolica che richiamava alla sofferenza quotidiana dovuta in attesa del paradiso eterno e si affacciava un nuovo richiamo piu' radicale, piu' chic di una sofferenza per i mali del mondo. E quindi veniva trasmessa una dolorosa presa di coscienza per i piu' intelligenti e sensibili che il male del mondo non poteva essere ignorato ma anzi indicava nella sua sofferenza una altezza di spirito e di intelletto oltre la massa consumistica e gretta. A volte si dice in tono canzonatorio:"beato te" sottitentendo che non capisci il mondo e quindi non ti preoccupi delle sue disgrazie e quindi non ti fustighi abbastanza...
Anche io ero caduto nella trappola un po' dandy e decadentistica del dolore esistenziale, della sfiga come elemento centrale di convivenza col dolore, di capacita' eroica di sopportare le angherie della vita e di accogliere le sofferenze di tutta l'umanita', questo ovviamente non facendo una beata fava per aiutare qualcuno o migliorare qualcosa.
Adesso ci risiamo, si inizia dalla psicoanalisi vomitando sui propri genitori e tutti i loro danni enormi, si passa al governo ladro e ad ogni "altro", diverso da noi, come il male di tutto il mondo e quindi anche il nostro. Una cecita' assoluta e devastante.
Il dolore diventa il nostro compagno e quando ci confrontiamo col mondo cerchiamo la felicita' e portiamo in dono il nostro dolore...
Ma cosa puo' scatenare il dolore se non altro dolore? Come puo' uno schiaffo far reagire con un bacio?
Sarebbe bello potersi liberare da questa zavorra nauseabonda con cui spesso ci confondiamo ma che invece non ci appartiene, la leghiamo con la corda del passato e la trasciniamo sulle nostre spalle perche' vogliamo dimostrare quanto siamo sfortunati, vittime e poverini, in cerca di comprensione e di amore.
E quando qualcuno con cui ci confrontiamo vede il nostro carico di dolore magari riesce ad avere un moto di compassione, di comprensione e allora noi tiriamo dallo zaino un pezzo di dolore e glie lo tiriamo perche' cosi' possiamo far vedere che ce ne stiamo liberando, che lo stiamo condividendo e questo non fa che scatenare rabbia, tristezza e altri sentimenti negativi e il nostro zaino nauseabondo riprende a riempirsi di ...merda.
Il dolore non e' mai elegante, non e' un sentimento che abbiamo vissuto e che continuiamo a portare con noi invece di buttare subito immediatamente lontano da noi, per poter essere liberi di dare amore e di riceverlo.
Possiamo comprendere il dolore del mondo e possiamo iniziare a liberarlo davvero iniziando dalla persona piu' importante: tu.

lunedì 12 maggio 2014

Amor scortese

800 anni fa la donna era vista dai trovatori e canzonieri dell amor cortese come la prova divina di sublimazione del proprio grado di maturita' di cavaliere e di lealta'.
Non importava il sesso anche se la pulsione era erotica e l'immagine dell amata era carnale e sensuale, ma proprio per cio' la prova della sottomissione alla propria amata e del proprio desiderio dava la grandezza del proprio amore, del proprio nobile sentimento.
Nobile perche' andava al di la' dell accoppiamento, del possesso fugace di un essere che spesso era gia' impegnato in un matrimonio.
Anzi i matrimoni non avrebbero mai potuto essere la culla dell'amore perche' rispondevano a valori di potere e di ricchezza che mal si sposavano con l'amore la passione ed il desiderio.
La donna avrebbe giocato con i suoi cavalieri come soldatini di piombo ma avrebbe anche lei avuto un cuore che batteva quando il suo valoroso cavaliere preferito l avrebbe guardata con gli occhi ardenti chiedendo un solo bacio o meraviglia delle meraviglie vederla nuda.
E come una rosa l avrebbe ammirata ma evitando le spine del suo matrimonio l avrebbe difesa da ogni oltraggio anche e sopratutto il suo.
Un amore totale, che contiene la materia mantenendosi indipendente e puro.
Talmente puro che spesso le piu' grandi storie di amore si legano a doppio filo con la morte.
Perche' dove passa eros arriva anche thanatos.
E nessuna pulsione di amore puo' essere trattenuta, schiacciata, mischiata, confusa senza uccidere il cuore, senza uccidere l'amore e gli amanti.
E pero' l'amore si infiamma sempre e solo fuori dalla quotidianita', dai doveri, dalle consuetudini. Come un estasi travolgente diventa un confine nuovo e lontanissimo.
Ulisse si incanteno' per non seguire le sirene e non perire e scampo' a Circe perche' conosceva gia' l animo estatico della amore e della bellezza e di quello che le donne rappresentano come la piu' alta forma di preghiera a qualcosa di superiore alle nostre forza, di superiore ai nostri calcoli.
Di universale e trasversale, di integrale in ogni uomo sano e ovviamente in ogni donna.
Accettiamo l amore, la bellezza e difendiamolo con un guscio di umilta' dalla follia del mondo, sara' il seme di un nuovo mondo, in cui ognuno cambiera' il dolore con l'amore.

domenica 11 maggio 2014

Specchio delle mie brame


E' come un incendio, che brucia in un attimo ogni parte di noi, delle nostre cose, che ci spinge a scappare incontro a questo cuore che batte dentro di noi.
Un cuore come se fosse nuovo, un pensiero soave, immagini e idee di felicita' assolute che fanno di ogni idea un dolce pensare, un languore prima e una energia incontenibile poi.
Una voglia di correre verso l'amore strappandosi i vestiti della quotidianita' come se finalmente ci si fosse svegliati da un lungo sonno.
Come se ogni attimo di vita vissuta non sia stato che una lunga attesa per questo momento.
Ogni cosa che ci circonda si colora di nuovo e diventa nuova e diversa, e sopratutto noi stessi a noi stessi, sconosciuti insoliti ma convinti con ogni parte di se di sentire il giusto.
Come un corto circuito che in un attimo brucia tutta la nostra vita di accortezze, di riflessioni, di scelte saggie ponderate e prudenti, come tutte le nostre fatiche quotidiane per una meta che diventa adesso totalmente ributtante ed inutile.
Si ha solo una grande tenerezza per se stessi, una indulgenza per le proprie scelte passate, per le persone vicine e si pensa il modo di non farle soffrire.
Ma la fiamma piu' alta dell incendio ha bisogno di andare verso il fuoco sacro dell innamoramento che si riempie di immaginazione e di sensazioni.
Ogni attimo di lontananza diventa una malinconia a volte languida a volte nervosa.
E mi chiedo.
Dove era la mia parte innamorata?
Aveva bisogno proprio di quella persona? Di quello sguardo, di quelle parole?
Qui forse sorge il primo dubbio che fa girare un po' la testa:
ma se posso amare cosi', se posso vivere un battito di ali di vita con questa intensita', con questa energia lo sto facendo usando la mia immaginazione, la mia poesia.
Ho ritrovato la bellezza perduta, sepolta dalla polvere della convenienza, spostata nella cantina dalla paura di vivere e dalla paura di morire.
Ma come si puo' morire se non si ama? Come si puo' vivere la bellezza senza cercarla in ogni respiro, in ogni attimo di vita vissuta?
La confondiamo con l'altro ma l altro e' solo uno specchio in cui riconoscersi.
Possiamo amare quando siamo riconosciuti, quando in un altro riconosciamo noi stessi.
Non possiamo riconoscerci in tutti ma di certo se qualcuno che ci fa battere il cuore esiste possiamo esistere anche noi integralmente.
Una volta che la scintilla e' scoccata riprendiamo il fuoco sacro nel nostro cuore, e' solo nostro e a chi lo regaliamo lo puo' accettare o meno e se lo fa gran fortuna per lui e per lei.
Ma la nostra fortuna piu' grande e respirare con la bellezza dell amore e tenerla e donarla come un frutto ma generandola come nostra.
E se sappiamo amare sappiamo creare bellezza, e diventiamo artisti della nostra esistenza a volte buia e dolorosa ma ogni dolore e' una spinta alla bellezza.

lunedì 5 maggio 2014

Realismo cinismo e pensiero positivo

Si dice che quando qualcuno sa come va il mondo e' una persona che ha capito tutto.
Poi ci sono quelli che ogni cosa che si fa e' una perdita di tempo tanto le cose che vanno bene sono gia' state tutte create ed infine ci sono quelli che dicono che va sempre tutto bene anche se hanno appena divorziato perso il lavoro e fatto un incidente con la macchina...
Ma io aggiungerei che ci sono due categorie di persone assolutamente universali, cioe' quelle persone che incontri ogni giorno in ogni parte del mondo:
quelli che portano il burka e quelli che sparano allo stadio contro tifosi di un'altra squadra uccidendoli...
Tutti hanno qualcosa in comune ed anche con noi: sono assolutamente di essere nella ragione ovvero, si qualcosa potrebbe essere diverso ma in fondo quel modo di pensare e comportarsi e' il migliore in assoluto.
Saro' breve: quel demente che va in uno stadio con la pistola e poi la usa e' un assassino e come tale deve essere giudicato, ma bisogna chiedere a chi paga il canone di canali dedicati al calcio, chi paga le tasse pagando i poliziotti che vanno li anche loro a prendere botte e a volte a morire, a chi paga un abbonamento per una fede che uno schizzo di sangue e' anche sulle loro mani...
Chi usa il burca dedicando la propria esistenza al proprio marito e nascondendosi dal mondo, come un fantasma si e' mai chiesta se invece di togliersi il burca lo tenesse anche li, anzi non togliendolo mai, non avrebbe molto di piu' dal mondo? Certo difficile sfidare la societa' e la violenza che si porta la ragione atavica del possesso che difende dalle proprie insicurezze, che manda un bagliore di calore nel freddo di un esistenza basata sulla scarsita'.
I realisti, quelli che sanno come va il mondo in fondo sono quelli che una volta scritto il loro regolamento di comportamento si attengono senza sgarrare anche quando le evidenze si marchiano a fuoco sulle loro sicurezze, ma a quel punto i realisti quando qualcosa succede a loro richiamano sempre la dea della sfortuna, perche' il realismo funziona solo quando le cose vanno bene altrimenti e' sfiga.
I cinici sono i miei preferiti: anche loro hanno capito tutto della vita e il sorriso sornione e beffardo con cui guardano l amico di turno che gli parla di un sogno, di un progetto e' molto meglio del sorriso della gioconda.
Per me il cinico e' un pauroso che si sente furbo e non riconosce la propria paura.
Ma nella superclassifica del campionario umano per me il numero uno e' quello del pensiero positivo.
Non si puo' cambiare la realta' negandola o cambiandogli nome, qui c'e' stata un po' di confusione a mio parere.
Se le cose vanno male vanno male e dire che vanno bene non mette nemmeno in moto tutta la dinamica della elaborazione delle cazzate fatte e dei provvedimenti da prendere per avere dei risultati migliori.
Poi c'e' la variante del pensiero positivo con la speranza disperata del "domani andra' meglio",come se dipendesse dal meteo e non da se.
Il pensiero positivo secondo me e' solo quello di incorniciare i magici momenti vissuti, le prove vissute con felicita' e scriverli e disegnarli e tenerli sempre con se'.
Perche' l attitudine alla felicita', ricordarsi delle cose positive e ricercarle e ricrearle questo e' il pensiero positivo.
Anche perche' non siamo tutti uguali ed ognuno avra' avuto i suoi momenti felici o di serenita' ma se li dimentichiamo dimentichiamo il bello che ci appartiene per diritto divino.
Non basta negare la bruttura, anzi, ma cercare le risposte alle domande di affetto, sentimenti, serenita', amiciai, avventura, e qualsiasi altra cosa questo e' il nostro mestieri di esseri umani.



venerdì 2 maggio 2014

L inconoscibile meta

Ci si ferma affannati, arrabbiati, frustrati dalla nostra vita.
Si respira a fatica, i respiri piu' profondi sono solo sospiri di malinconia, di accettazione di un destino che non ci appartiene ma che si ' incollato a noi e non si riesce a staccarsi di dosso; pesante come un cappotto bagnato, filamentoso e silenzioso come la nostra ombra alla sera, implacabile come le lancette dell orologio che avanzano come zombie, lenti ma inarrestabili.
E allora socchiudiamo gli occhi, sfogliamo le riviste di gossip, clicchiamo sui diari degli altri, ci perdiamo dietro filmati di you tube, di you porn in una ossessione che vuole cancellare il nostro presente, richiamando un mondo diverso, un mondo nuovo, una nuova vita, in cui poter sistemare tutti gli errori e riniziare da capo.
Una seconda possibilita', perche' per come stanno le cose adesso ormai e' troppo tardi...
O magari un miracolo, un gratta e vinci, un principe azzurro, una fata.
E vediamo gia' il nostro destino segnato finalmente aprirsi ad un nuovo mondo di opportunita' di felicita', di gioia, di esperienze felici ed appaganti.
Poi si riaprono gli occhi e nella penombra della nostra esistenza riprendiamo le nostre croci e ripartiamo stanchi e spenti.
I piu' evoluti oltre a sognare cercano la meditazione, la trascendenza dalla identificazione, si immaginano nelle mille vite reincarnate, i piu' fedeli si immaginano a giocare a cuscinate sulle nuvole del paradiso.
Ma questa e' una allucinazione del nostro pensiero, solo il pensiero riesce a concepire il tempo e con esso si sposta nel futuro la nostra felicita' epicurea e psicologica.
Ma c'e' solo uno strumento che annulla il tempo, annulla il futuro, il passato ed anche il presente: e' l'azione.
Ogni nostra azione compiuta per nostra completa libera scelta e' un atto di eternita'.
Attenzione spesso ci meravigliamo di compiere azioni e scelte che non sono razionali, non sono esattamente quello che vorremmo.
Ma queste azioni arrivano direttamente dalla nostra parte nascosta e non le riconosciamo come nostre, ma se una scelta, un gesto, un'azione viene compiuta non puo' essere di una nostra parte nascosta ma anzi e' ben visibile.
E' il nostro pensiero, le nostre regole che non la riconoscono.
Cosi' come non viene riconosciuta l'enorme grado di possibilita' di cambiare in ogni momento il nostro mondo, anzi spesso l'opportunita' reale viene disattesa perche' preferiamo essere infelici in qualcosa che e' noto, che e' conosciuto, che diciamo che ci appartiene e che e' in noi invece di respirare nuove opportunita', nuove felicita' perche' a noi non sono conosciute, non ci appartengono, in verita' le etichettiamo come sogni e le impacchettiamo nel pensiero del futuro, invece di compierle adesso e compiendole, agendole facendole diventare realta'.
Insomma una profezia che si autoavvera, ovvero uno schema di comportamento che ci fa restare nella sofferenza.
Non possiamo cambiare le cose, ovvero dovremmo essere maghi per poterle cambiare, ma possiamo fare una cosa molto piu' facile: ampliare le nostre possibilita', riconoscendo che quello che non conosciamo in verita' non lo ri-conosciamo ma esiste esattamente nello stesso istante insieme a quello che conosciamo.
Quello che non conosciamo non esiste, ma quello che conosciamo esiste eccome ed e' nella nostra possibilita' ri-conoscerlo, ovvero conoscere di nuovo, conoscere come nostra possibilita':
se conosciamo una possibile vita di soddisfazioni vuol dire che ci appartiene tanto quanto una vita di sofferenza e dobbiamo sforzarci, questo si, di riconoscerla, di agirla, di renderla eterna.