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martedì 23 giugno 2015

Nel mezzo del cammin di nostra vita...

Mi ritrovai in montagna con amici a cercare nuovi sentieri di avvicinamento al fiume...
Ovvero sapere come poter fare un percorso naturalistico sulla montagna per poi entrare direttamente e seguire il fiume nella sua discesa con la pratica del torrentismo.
Se a questo punto non sapete proprio di cosa stia parlando, vi perdono, e vi consiglio di cambiare articolo.
Per tutti gli amanti della natura e del contatto maggiore rispetto al picnic ed alla passeggiata nel giardino comunale eccoci qui.
Siam partiti per seguire dei sentieri tracciati e ci siamo ritrovati impreparati, scoraggiati e stanchi.
E mi son ricordato che questo accade spesso anche nelle cose della vita.
Eravamo baldanzosi e sicuri di noi, ridendo delle paranoie organizzative del Furio di Carlo Verdone e stavamo per pentircene in modo indelebile.
Ma stavolta la montagna e un incontro fortunato ci hanno dato una carezza alla nostra impreparazione.
L' unica cosa su cui abbiamo contato era il nostro corpo e per fortuna quello e' stato il supporto allo sforzo di dieci ore rispetto ad una passeggiata di quattro ore prevista in un luogo ben segnato e segnalato.
Non c'era un leader designato e quindi dopo quattro ore che ci trovavamo ad un altezza di 1200 metri rispetto ai 900 previsti, che avevamo ballato sui fianchi di frane potenti le nostre paure e strategie di sopravvivenza hanno iniziato a venir fuori non piu' mediate.
E quindi io ho iniziato ad assumere dei rischi non assolutamente calcolati, un altro correva in avanti alla ricerca di un segnale di riuscita dell impresa e la terza si bloccava cercando di tornare ad una posizione gia' conosciuta.
Chi aveva ragione? Chi torto? In questo caso nessuno o forse una maggiore prudenza sarebbe stata la scelta piu' ragionevole, ma la prudenza in quel contesto era decisamente in ritardo rispetto ai nostri piani di azione.
Quando abbiamo incontrato il sentiero giusto e persone esperte del luogo l effetto che ci hanno fatto era quello di salvatori della nostra esistenza, gia' dopo cosi' poco tempo.
E Mario settantaduenne esperto di montagna e delle montagne di Teramo ci ha chiesto meravigliato come mai non avessimo con noi bussola, altimetro e cartine.
In verita' io sfoggiavo un orologio supertecnologico che aveva tutte queste cose... ma non sapevo usarlo!
Rinfrancati, rilassati ed accompagnati da questi splendide persone al nostro percorso, abbiamo avuto la capacitta' di sbagliare ancora percorso e di ripetere gli stessi identici errori.
Insomma una lezione di escursionismo che per chi come noi lo ha gia' fatto decine di volte che deve diventare un punto di svolta nell approccio che abbiamo, senza sottovalutare che siccome e' solo per una giornata non abbiamo bisogno di nulla d particolare.
E quindi lampante come la stanchezza della giornata che nella vita si possono seguire segnali, si puo' avere un obiettivo, anche semplice ma senza preparazione mezzi e la giusta strategia non si va da nessuna parte: nemmeno a fare una passeggiata in montagna e non si riesce nemmeno a stare in gruppo!
Mi piace l'escursionismo: scoprire luoghi antichi ed eremi, boschi infiniti e panorami mozzafiato e cascate dove poter fare il bagno nascoste alla folla e' una attivita' che esce esce fuori dai canoni di impegni comuni ma puo' dare un senso della vita, quello delle piccole cose ma sudate e conquistate che e' sempre piu' raro.
Ma come nella vita di tutti i giorni, ogni passo da fare bisogna portare il bagaglio della preparazione o andare con qualcuno che il bagaglio gia' ce l ha.
E se comunque andare ad esplorare lo sconosciuto questo ha bisogno tantopiu' della massima organizzazione prima e durante.
O se crediamo di poter vivere secondo una nuova concezione in cui causa ed effetto non sono piu' sequenziali ma due facce della stessa medaglia allora possiamo non prepararci in modo razionale ma in modo emozionale e di stato di coscienza centrati ed allineati al mondo sconosciuto in cui stiamo entrando, come fosse una esplorazione di se'.
In ogni caso possiamo richiamare Thoreau ed il suo camminare:
"Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici [...]"

mercoledì 17 giugno 2015

La storia di se

Quando fra diecimila anni un uomo del futuro scoprira' il nostro corpo o i nostri testi come li leggera'?
Cosa vedra' e capira' di noi? del nostro tempo, delle nostre scelte, dei nostri desideri?
Forse tutto forse nulla, ma vorrei che diventassimo tutti eternauti della nostra storia, tramutando il quotidiano nella leggenda della nostra vita veloce come un bagliore nel tramonto.
Spesso facciamo piani e progetti che solo un immortale puo' portare a compimento, tralasciando il sospiro di oggi, l alito di vita che ci sfiora per un attimo, ignorandolo per una allucinazione chiamata idea, principio, regola, principio, morale, legge, anzi spesso facendolo in nome e per conto di pensieri che ci sono stati ispirati all orecchio da menti insane corrompendo la nostra verginita' cosmica.
E comunque ne scegliamo alcune di idee e le portiamo con noi come fossero le nostre bandiere e ci immoliamo in esse nei lunghi anni della esistenza corretta e giusta, in attesa che anche il nostro anelito interiore possa essere innalzato ad idea e principio assoluto, come una ragione kantina o come un principio platonico.
Possiamo farlo ma solo dopo aver ripreso il nostro respiro della vita, rilassato il nostro diaframma,
ampliato la gabbia toracica come una cassa di risonanza del nostro cuore.
Ma possiamo riiniziare proprio dalla nostra storia personale ad inseguire la leggenda dell eternita' che ci sovrasta con ghigno beffardo della morte che gioca a scacchi con noi, una morte alla fine liberatora della nostra chance di eternita' durata un eternita' solo nei pochi attimi in cui le emozioni sono sgorgate spontanee e senza rabbia dell ego ma come espressione della mancanza del pensiero e della volonta'.
Usare i sensi dimenticando il grande regista e lasciarli alle energie della vita senza timore in un sonno senza sogni, nella mente ferma dei meditatori felici.
Esprimendo come nella danza universale di Shiva le cinque energie che ci sono nel mondo e che regolano anche le nostre azioni:
la creazione, la conservazione, la distruzione, l occultamento e l'accettazione.
Quando iniziamo a fluire con il mondo dimenticando noi stessi, ovvero ricordando noi stessi come entita' che fa parte di un altra entita allora l eternita' della nostra azione si fissa nelle nostre cellule, riscrivendo il nostro corpo, la nostra memoria e la nostra storia.
Possiamo immaginarla e scriverla ma solo con le emozioni possiamo veramente scrivere una nuova storia.
Spesso confondiamo quello che siamo parlando di quello che ci e' accaduto e delle conseguenze, dimenticando che ogni accadimento e' una interpretazone che noi abbiamo scelto di dare, e richiamando alla memoria quel fatto legato a quella interpretazione ci da la nostra storia e sembra sia ineluttabilmente cosi'.
Ovviamente non lo e', possiamo scrivere una nuova storia, richiamando vivendo a fondo nuove passioni ed emozioni e se vissute con la mente libera possiamo finalmente scrivere una stora con un finale diverso.
Possiamo farlo adesso e dobbamo rifarlo migliaia di volte, ricordando a quante volte ci siamo sussurati la vecchia storia, coccolandoci nella comprensione e nell autocompatimento.
Forse non c'e' bisogno di farlo tutto sommato ma puo' essere un gioco potente come un terremoto che puo' scuotere le nostre fondamenta e verificare se sono deboli o forti.
Da oggi associamo una nuova emozione, cantiamo quando siamo spaventati, sorridiamo quando samo arrabbiati, liberamoci dalle catene delle nostre emozioni richiamate per abitudine e non per reale espressione.